CONCILIARE GLI INCONCILIABILI: COPIONI AZIENDALI E COPIONI INDIVIDUALI.

Alfonso Falanga, 27 . 10. 2021

"Si palesa, allora, qual è la vera scelta da compiere, quali sono gli inconciliabili da conciliare: da un lato la paura della libertà- con gioie e dolori- e, dall'altro, la speranza che il Grande Sperimentatore aggiusti, per noi, le cose. O paura che vi ponga fine, costringendoci, di fatto, alla libertà. Quindi gli inconciliabili sono agire ovvero responsabilizzarsi, da un lato, e l'attesa speranzosa e de-responsabilizzante, dall'altro".

-Copione come sintesi tra istanze contrapposte: l'obbligo alla scelta.

Le nostre giornate sono costellate di scelte. Riguardano il nostro privato, il sociale, l'ambito professionale. Che si tratti del ristorante per l'uscita del venerdì sera, del mezzo di trasporto più comodo per raggiungere la sede del prossimo corso di formazione (auto o treno?), di quale sia il momento migliore per cambiare lavoro o per smetterla, con il lavoro.

Scegliere, in sostanza, vuol dire operare una sintesi tra pensieri, emozioni, convinzioni tra loro contraddittori. Si, è vero, prima ragioniamo, facciamo calcoli, sviluppiamo ipotesi, raccogliamo informazioni. Eppure, raramente giungiamo a delineare un quadro della realtà, presente e futura, che includa immagini e colori tra loro coerenti e che ci indichi in modo affidabile la strada - la nuova strada - da percorrere. Dopo tanto ragionare, alla fine si fa una sintesi e si decide in base all'emozione e al pregiudizio che, in quel momento, prevalgono. Come avverte Eduard del Bono:

"Invece, dopo tutto, scegliere è sempre una questione emotiva. Sottolineo il dopotutto. Una volta adoperato il pensiero per costruire la mappa, la scelta del percorso è determinata dai nostri giudizi e dalle nostre emozioni" (Eduard Del Bono, Sei cappelli per pensare, BUR Rizzoli, p. 59).


-Scegliere, oggi.

Da più di un anno stiamo operando scelte. Lo abbiamo fatto, e lo stiamo facendo, quotidianamente al punto che, ormai, è un luogo comune l'affermazione secondo cui i tempi attuali, e il prossimo futuro, sono segnati dall'incertezza. È una condizione che non ci esonera dal programmare almeno a medio termine, e, allo stesso tempo, dal tenere conto della fluidità con cui si svolgono, e si svolgeranno, gli eventi.

Non vogliamo né possiamo navigare a vista, insomma, anche se siamo consapevoli che non esistono più rotte sicure. L'imponderabile, ormai, è una variabile ... ponderabile.

Forse è sempre stato così, e il Covid ha fatto solo da evidenziatore di una condizione che la routine quotidiana ci aveva permesso, fino a poco tempo fa, di ignorare. L'incertezza, in ogni caso, non rende inutile la scelta, anzi la promuove al rango di azione continua e inevitabile. Non si può scegliere, insomma, di non scegliere. L'imponderabile non ci autorizza a stare a guardare né giustifica la nostra (legittima) paura dell'imprevedibile. Perciò, si sceglie!

Scegliere mai come in questi mesi significa far sì che si concilino, nel nostro intimo e nei nostri comportamenti visibili, spinte inconciliabili. Si tratta di emozioni, bisogni e desideri tra loro opposti: paura e rabbia, gioia e tristezza, bisogno di isolarsi e desiderio di incontrare gli altri, individualismo e senso di responsabilità civile. Facciamo di tutto affinché queste svariate istanze si condensino in un unico comportamento coerente con il nostro essere soggetti singoli e, al contempo, membri di una collettività. Adesso si sta rivelando la nostra più o meno capacità di integrare spinte interiori - quelle che sono orientate alla soddisfazione di bisogni individuali, primari e immediati - con l'esigenza di adattarsi agli eventi che segnano la realtà esterna - collettiva- sempre più mutevole, raramente rassicurante, che ci chiede di essere adulti ragionevoli (sempre è così, è chiaro, ma oggi ancor di più).

Più che mai, adesso, attraverso le nostre scelte mettiamo in essere il nostro copione di vita

"A questo punto, a noi che ci occupiamo di azienda viene da chiederci: dal momento che l'azienda è un organismo costituito da esseri umani (con tutta la tecnologia del caso, la persona resta prevalente) anche le organizzazioni hanno un copione? Se la risposta è si, in cosa consiste il copione aziendale? E in che modo e misura i copioni individuali lo condizionano?". 


-Copioni individuali.

Dice Eric Berne, fondatore dell'Analisi Transazionale:

"Un copione è un piano di vita che continua a svilupparsi, dopo essere stato strutturato nella prima infanzia, sotto l'influenza dei genitori; è quella forza psicologica che spinge ogni individuo verso il proprio "destino", sia che lo combatta, sia che si sostenga trattarsi del frutto di una sua libera scelta" (E. Berne, "«Ciao!» ... E poi?", Bompiani, p. 36).

In questi termini, pare che si sia condannati a persistere in una condizione di confusione e disagio, e ciò a discapito di qualsiasi tentativo si faccia per acquisire chiarezza e benessere. Come se tutto ciò che ci riguardi sia stato già deciso da forze oscure e che non ci resti che accettare, e imparare, a convivere con l'esito dell'impossibilità di conciliare gli inconciliabili.

Sembra quasi che, a stare a sentire Berne, si sia tutti in una dimensione kafkiana, apparentemente prodiga di opportunità ma che, di fatto, è una vera gabbia. Ne consegue che hai voglia a conciliare, ma gli incompatibili restano tali. Addio chiarezza e serenità, rassegniamoci alla confusione e al disagio.

Eppure, dopo qualche pagina, lo stesso Berne afferma:

"Ma molto spesso la gabbia ha la porta aperta, e l'uomo non dovrebbe fare altro che uscire, se lo volesse. Se non lo fa, di solito è il suo copione che ve lo trattiene. La gabbia ha un aspetto familiare e rassicurante, e dopo aver dato un'occhiata alla vastità del mondo della libertà, con tutte le sue gioie e i suoi pericoli, l'uomo torna indietro, in gabbia, con tutte le sue leve e i suoi bottoni, ben sapendo che se impara a schiacciarle, e schiaccia quella giusta al momento giusto, gli saranno assicurati cibo, alcool e ogni tanto anche un po' di emozioni. Ma una persona così ingabbiata vive sempre nella speranza o nella paura che una forza superiore, il «Grande Sperimentatore o Gran Computer», cambi tutta la situazione o vi ponga fine" (Ibidem, p. 57).

Si palesa, allora, qual è la vera scelta da compiere, quali sono gli inconciliabili da conciliare: da un lato la paura della libertà- con gioie e dolori- e, dall'altro, la speranza che il Grande Sperimentatore aggiusti, per noi, le cose. O paura che vi ponga fine, costringendoci, di fatto, alla libertà. Quindi gli inconciliabili sono agire ovvero responsabilizzarsi, da un lato, e l'attesa speranzosa e de-responsabilizzante, dall'altro.

La stessa intera opera kafkiana altro non è che un monito: attenzione, ci dice il grande autore praghese, l'assurdo - nella sua totalità esistenziale e nelle sue forme minime e quotidiane - è l'esito dell'immobilismo di fronte alla complessità della vita, dell'attesa, della de-responsabilizzazione (Cfr. Franz KafKa, I Racconti, BUR Rizzoli). 


-Anche le aziende hanno un copione?

A questo punto, a noi che ci occupiamo di azienda viene da chiederci: dal momento che l'azienda è un organismo costituito da esseri umani (con tutta la tecnologia del caso, la persona resta prevalente) anche le organizzazioni hanno un copione? Se la risposta è si, in cosa consiste il copione aziendale? E in che modo e misura i copioni individuali lo condizionano?

Non sono certo domande originali, come originali non sono le risposte.

Qui semplicemente esprimiamo il nostro parere in merito.


-Copioni aziendali.

Così come ogni individuo è dotato di un copione, allo stesso modo ogni azienda - in qualsiasi settore operi e di qualsivoglia dimensione - ha il suo copione.

E così come il copione individuale si dipana attraverso le modalità con cui la persona concilia gli inconciliabili (desideri e realtà), similmente il copione aziendale esprime le forme e i contenuti attraverso i quali l'organizzazione accorda i suoi opposti, sintetizzabili in dimensione professionale e dimensione personale.

Con la prima denominazione intendiamo il complesso delle relazioni- interne all'organizzazione - ed esterne (con il mercato, i clienti, le istituzioni, i collaboratori), in cui emergono i comportamenti e le aspettative di ruolo. Si tratta, dunque, di rapporti in cui a prevalere sono gerarchie aziendali, compiti e funzioni, procedure e strategie, obiettivi di gruppo. Il tutto finalizzato a centrare il bersaglio: produrre profitto.

Con dimensione personale il riferimento va all'insieme degli obiettivi individuali - consapevoli e inconsapevoli, non sempre coincidenti con la meta aziendale -, delle emozioni, dei pensieri, dei giudizi e pre-giudizi che accompagnano le relazioni professionali. In alcuni casi le arricchiscono, in altri possono limitarle: il copione aziendale è l'espressione del loro incontro, o del loro scontro.

Così come quello del singolo, anche questo copione - parafrasando Berne- può risultare vincente o perdente, banale o distruttivo: il richiamo è al patto che l'azienda ha fatto con se stessa. Sono stati rispettati i motivi per cui quell'organizzazione è nata, in termini di benessere materiale (il profitto) e immateriale (cosa ne è dell'equilibrio psico-fisico di chi, in quell'organizzazione, vive e lavora?).


-Qual è il rapporto tra copioni individuali e copione aziendale?

L'azienda è fatta di persone. Gioco forza, il copione aziendale è un intreccio di copioni individuali. Gli script personali, dunque, orientano lo script organizzativo. La qualità di questo orientamento è una funzione del sistema normativo che sostiene l'azienda - regole, procedure, strategie - e che la rendono un sistema aperto alle innovazioni, dunque coerente con l'attualità e perciò vincente, o chiusa in se stessa, refrattaria al cambiamento, e destinata al fallimento. Oppure che sopravvive, si affida al caso, alle condizioni del momento (copione banale?).

In merito al perdere, allo stesso modo che per il singolo ciò non significa necessariamente fallire il bersaglio ma, ad esempio, centrarlo senza accorgersene, l'azienda che manca l'obiettivo non è obbligatoriamente quella che non lo coglie, bensì è quella impresa che non sa valorizzare il potenziale - umano e materiale - di cui è dotata, che crea malessere invece che benessere pur avendone le risorse e le opportunità, che colpisce il bersaglio senza avvedersene o che centra altri bersagli, scambiandoli per il proprio.


-Copione e leadership.

Cosa o chi viene prima, il copione o la leadership? Poco importa, crediamo. Ciò che conta è che le due variabili sono inevitabilmente e perennemente connesse. È la leadership a modulare il dipanarsi del copione. È il copione, a sua volta, a definire lo stile di leadership.


-Il ruolo del Consulente all'interno del copione aziendale.

In tutto questo, dove e come si colloca il Consulente? È una faccenda delicata. Si tratta di rispondere ad alcuni questi esiziali. Infatti, premesso che 

a) anch'egli/ella dispone del suo copione individuale, ovviamente;

b) è una figura, rispetto all'azienda, liminare: è nell'organizzazione e, allo stesso tempo, ne è fuori, eppure il suo operato non è mai neutro. O, con il suo lavoro, arricchisce       l'organizzazione oppure, se non proprio la danneggia, crea scompensi e disorientamenti; 

allora ci si chiede se il consulente sia consapevole del suo copione. Tale coscienza è, oltre ovviamente alla sua competenza, ciò che ne fa uno strumento utile all'azienda o un boomerang. Solo la competenza, comunque, è insufficiente a renderlo un collaboratore valido.

Il quesito successivo è se sia consapevole di quanto il copione personale possa orientare l'obiettivo professionale, ovvero se lo conduca ad assumere il ruolo di Salvatore, rispetto al dramma di chi vive in azienda, o ad esserne giudice Persecutore oppure Vittima di incomprensioni e ingratitudini.

Già porsi questi interrogativi, comunque, costituisce una risposta: il dubbio sulla propria consapevolezza è già segno di consapevolezza. È un buon inizio, almeno.

Solo il Consulente consapevole - e competente - potrà accompagnare l'azienda in un percorso di integrazione tra script collettivi e script individuali, favorendo un equilibrio tra loro che, di fatto, costituisce il vero copione aziendale vincente.

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