Un approfondimento sulla funzione pedagogica del Team Leader.

Alfonso Falanga, 30 dicembre 2021.


In una scheda precedente si è argomentato riguardo al ruolo svolto dal Team Leader (TL) nell'educare la Risorsa alla professione, che è altro dall'insegnarle il lavoro.

Se è alquanto chiaro che quest'ultimo compito si svolge attraverso attività di training (ad esempio addestrarla  all'utilizzo di uno script di ingresso, all'uso di intonazioni adeguate allo scopo, all'applicazione di modalità di gestione delle obiezioni del cliente e di quant'altro occorra sapere e saper fare per condurre in porto il processo di vendita), resta da specificare, in aggiunta a quanto già evidenziato nel precedente intervento, in che modo il TL possa adeguatamente mettere in atto la sua funzione didattica e quale sia il vantaggio che la Risorsa ottenga dall'essere professionale. 


Che significa professionalità.

Prima di procedere è opportuno ribadire che professione, professionalità, professionale non hanno a che fare con impegno, serietà, volontà, motivazione. Dunque, quando si afferma che una Risorsa è oppure non è professionale non si sta esprimendo un giudizio di valore, bensì si indica il grado di coerenza tra i suoi comportamenti e il contesto di riferimento: mercato, tipologia di cliente, prodotto, obiettivo.

Da questa premessa deriva che:

  • essere professionale si declina attraverso l'adozione di specifici stili relazionali, tali in quanto distanti da come si comunica nella quotidianità, ovvero nei contesti extra-lavoro;
  • adottare queste modalità non è semplicemente conseguenza di pratica e esperienza;
  • la professionalità è l'esito di un preciso atto decisionale che precede l'assunzione di ogni accorgimento linguistico e strategico. Tale decisione si traduce nell'abbandonare la prospettiva quotidiana per calarsi in una dimensione del tutto particolare - che include il contesto di riferimento esterno (mercato, cliente, prodotto) e interno (spazi aziendali, ruoli, compiti) - e distante da quella, appunto, convenzionale. Quindi essere professionali significa, in ultima analisi, aprirsi al cambiamento.

Per il TL, perciò, educare la Risorsa alla professione significa  sostenerla nel superare le resistenze che, in genere, accompagnano i processi di cambiamento.


La Risorsa, nello specifico, a cosa resiste e perché?

Come spesso accade, cambiare è faticoso: si tratta di svincolarsi dai propri automatismi, le cosiddette zone di comfort, ossia da quelle risposte agli stimoli ambientali che più riescono agevoli, facili da mettere in atto specialmente in condizioni di stress. Ciò ha valore anche se si è consapevoli che queste medesime reazioni non sempre producono risultati soddisfacenti: a volte risultano del tutto controproducenti.

La Risorsa fa fatica, in genere, ad esempio di fronte alle obiezioni del cliente o in un altro momento delicato della trattativa, a tenere a freno contenuti e modalità che più le risultano immediati, abituali, facili da adottare: sono quelle risposte che mette in atto normalmente e che, per lo più, normalmente funzionano (o almeno così pare). Perché, dal momento che questi modi di dire e di fare sono efficaci nel vivere quotidiano (o comunque non creano, all'apparenza, grossi danni) non dovrebbero funzionare anche con il cliente? (a tale riguardo, in occasione di uno step formativo, una Risorsa così obiettò, con l'intento di argomentare e non di fare una critica sterile: "Io so che uno più uno fa due. Lo so, è una legge matematica, me l'hanno insegnata a scuola. Invece chi mi assicura che se cambio il tono di voce o uso un certo termine al posto di un altro raggiungo l'obiettivo?").

Ecco che si pone il dilemma che è tipico dei processi di cambiamento: vale la pena rinunciare a modalità che, in genere, danno buoni risultati per assumere altre modalità il cui esito non è sicuro? 


Cambiamento, ma di cosa?

Tra l'altro il cambiamento a cui è sollecitata la Risorsa, per alcuni aspetti, non è solo di stile linguistico ma anche concettuale: le si chiede, cioè, di modificare una sua convinzione, di credere ad altro rispetto a quanto ha ritenuto vero fino a quel momento. Non si tratta di mutare il proprio sistema valoriale o la propria indole caratteriale, bensì di assumere una nuova prospettiva riguardo a concetti, idee e comportamenti che, nel quotidiano, posseggono un dato significato e una data rilevanza ma che hanno tutt'altro effetto nella relazione con il cliente. Un esempio tipico a tale proposito riguarda il concetto di compiacenza e le sue declinazioni pratiche.



La trappola della compiacenza.

Compiacere vuol dire calarsi nella prospettiva dell'interlocutore (nella fattispecie, del cliente) perdendo di vista il proprio obiettivo. In tal senso, la compiacenza è sinonimo di sim-patia. È facilmente intuibile come quest'atteggiamento mentale, e i comportamenti che ne derivano, possano risultare disfunzionali ai fini della realizzazione del processo di vendita: se è vero che è opportuno "mettersi nei panni del cliente", ovvero coglierne le richieste dirette e-specialmente- indirette, è del tutto inopportuno farlo trascurando il motivo per cui ha avuto inizio la comunicazione, ossia vendere. Attraverso la compiacenza, lo scopo della trattativa diventa mettere sempre di più a suo agio un cliente che è già in una posizione di comodo: di fatto, già possiede il servizio che la Risorsa gli sta proponendo e, perciò, non ha problemi né urgenze.

Ecco che, allora, si producono-spesso in modo eccessivo- modi di dire che vanno dal banale (apparentemente) "Mi scusi se la disturbo" al meno banale "Potrebbe dirmi quando posso richiamare senza disturbarla?". Da cui deriva che l'esito della trattativa si trasferisce totalmente nelle mani del cliente: il risultato, perciò, sarà del tutto casuale.


Quando la compiacenza viene intesa come educazione o empatia.

Per la Risorsa la compiacenza, spesso, è sinonimo di educazione o, peggio ancora, di empatia. E si sa che il leit motiv del teleseller- neofita, junior o senior- è: bisogna essere empatici con il cliente. A partire da questa convinzione, fondata su un significato distorto di empatia, la compiacenza spesso diventa la protagonista della trattativa, con ciò che ne consegue in termini di insuccessi o comunque di dispersione di tempo ed energia. La compiacenza a volte non impedisce alla Risorsa di essere efficace ma certamente la rende inefficiente. E l'inefficienza, a medio termine, si paga: il logorio fisico e mentale diventa inefficacia.

La compiacenza ha profonde radici nell'immaginario della Risorsa e alberga fortemente nel suo sistema valoriale, oltre che in quello linguistico e semantico. Pertanto, le si chiede un impegno non da poco quando le si sollecita il riconoscimento della distanza tra educazione o empatia, da una parte, e compiacenza, dall'altra. È un mutamento di punti di vista che spesso viene vissuto come messa in discussione dell'intero sistema di valori. Se non del proprio carattere.

Eppure si tratta di un impegno che vale la pena assumere sia per la Risorsa che per il TL: non c'è niente di meno professionale - di non professionale - di una modalità compiacente. Nulla è più incoerente con il contesto e, perciò, improduttivo e disfunzionale.


Come il TL favorisce nella Risorsa il superamento di queste resistenze? Come la avvia alla professionalità?

Nel precedente articolo si è affermato che gli strumenti a disposizione del TL per svolgere la sua funzione pedagogica sono:

  • piena consapevolezza del suo ruolo e dei suoi compiti: ovvero creare condizioni-materiali e immateriali- favorevoli alla realizzazione dell'obiettivo aziendale;
  • competenza relazionale, che significa sapere comunicare da leader: ovvero adoperare un linguaggio focalizzato sui comportamenti e non sulla persona, orientato verso il futuro e non compresso sul passato, che elabora soluzioni invece che spiegare - e basta - il problema;
  • metodo: regole, procedure, strategie. La trattativa non è affidata al caso, alla circostanza, all'attitudine caratteriale.

Il famoso carisma del leader non è una qualità a se stante, bensì è la capacità piena e costante di mettere in atto, sinergicamente, questi tre principi.

Sembra banale, eppure la premessa è che, prima di occuparsi della professionalità della Risorsa, sia il TL stesso ad assumere un comportamento professionale, dunque coerente con il suo contesto di riferimento che è costituito dalle Risorse medesime (certamente si aggiungono il management, i colleghi, il back office. Questi settori comunque non sono interessati all'attività pedagogica del TL).

Pertanto uno strumento da privilegiare, a tale proposito, è l'esempio: mostrarsi costantemente professionale allo sguardo del team, ovvero sempre in atteggiamenti coerenti con funzioni, compiti, ruoli, obiettivi.

Inoltre è opportuno intervenire sempre quando la Risorsa, nel corso della trattativa con il cliente, scivola in modalità incoerenti con il contesto, ad esempio utilizzando modi di dire convenzionali o compiacenti.

Come intervenire? Direttamente, se possibile, o attraverso briefing o, se è il caso, mediante colloqui personali. È bene non svalutare l'importanza delle parole e del loro collegamento con l'atteggiamento mentale: molto difficilmente la Risorsa assumerà una visione professionale di sé e del cliente se continua ad utilizzare un linguaggio convenzionale. La parola contribuisce fortemente alla costruzione di una prospettiva funzionale allo scopo.


Il metodo, dunque la professionalità, è una sorta di piano b) a cui ricorrere quando quel che si è e quel che già si sa non bastano più.

La professionalità, dunque, è un vero e proprio strumento di lavoro, necessario a creare più opportunità di vendita, ad ampliare il raggio di azione oltre i limiti concessi dalle attitudini personali, dall'esperienza, dalla motivazione.


Che vantaggi ricava la Risorsa dall'essere professionale?

Alla fine della riflessione viene da chiedersi: ma la Risorsa che se ne fa della professionalità? Per quale ragione dovrebbe impegnarsi tanto nel tenere a bada i suoi automatismi per assumere, invece, modalità relazionali e stili linguistici davvero poco spontanei? Perché sono così importanti metodi e strategie e non bastano impegno, volontà, motivazione, attitudini caratteriali?

Le risposte a questi interrogativi sono agevolmente individuabili se si assumono come riferimento i vari tipi di clienti che il Teleseller intercetta quotidianamente. Questi, infatti, al di là delle differenze relative alle abitudini consumistiche, al carattere, alle condizioni del momento sono tutti riconducibili a specifiche categorie che così si possono riassumere:

  • non interessati, a prescindere: sono i classici clienti che "Non mi ha fatto nemmeno parlare e ha chiuso";
  • disponibili al cambiamento e potenzialmente interessati ad una nuova proposta commerciale e ciò per condizioni e scelte del tutto personali, che esulano da chi telefona, dal quando e dal perché telefona;
  • sintonici: interlocutori con cui la Risorsa entra in sintonia fin dalla loro prima reazione, anche se è un "Non mi interessa". Accade per intonazione della voce, per inflessione dialettale, per stile di linguaggio, per altre qualità verbali e para-verbali che fanno rientrare quella voce-dunque quell'interlocutore- nel sistema di riferimento della Risorsa, e la fanno sentire a suo agio. Diremmo, semplicisticamente ma senza allontanarci troppo dai fatti, che sono due caratteri affini che casualmente si incontrano;
  • pigri: quel tipo di cliente che è pure disposto a sentire di che si tratta ma che poi, alla fine, non ha tanta voglia di rimettersi alle prese con tariffe, contratti, attese, ecc.
  • aspri e oppositivi: i clienti che fanno resistenze e obiettano. La maggior parte.

È intuibile che la Risorsa, quando intercetta interessati a prescindere e sintonici non abbia tanto bisogno di professionalità, metodo, strategia. Sono i casi in cui gli sono sufficienti competenza commerciale, attitudini caratteriali, impegno, volontà. Con attenzione, certo, comunque ha buone probabilità di chiudere il contratto.

E quando intercetta i pigri? E, ancora di più, gli aspri e oppositivi? Sono questi i casi, numerosi, in cui l'impegno e le qualità personali non bastano e il Teleseller deve adottare un metodo, ossia uno strumento che è altro da sé: regole (della comunicazione e della comunicazione orientata alla vendita), strategie (commerciali e relazionali), stile linguistico non convenzionale.

Il metodo, dunque la professionalità, è una sorta di piano b) a cui ricorrere quando quel che si è e quel che già si sa non bastano più.

La professionalità, dunque, è un vero e proprio strumento di lavoro, necessario a creare più opportunità di vendita, ad ampliare il raggio di azione oltre i limiti concessi dalle attitudini personali, dall'esperienza, dalla motivazione.

È questo, perciò, il senso della funzione pedagogica del TL: non è un in più rispetto ai suoi compiti standard. Anzi è l'essenza della sua funzione che è creare condizioni materiali e immateriali favorevoli alla realizzazione dell'obiettivo aziendale.

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