Comunicare per negoziare: cosa ci suggerisce, al riguardo, il concetto di okness.

Alfonso Falanga, 27 giugno 2022


Mai come di questi tempi negoziare e negoziato sono termini utilizzati negli scenari politici e mediatici.

Vale la pena spendere qualche parola per approfondire il concetto di negoziazione trasferendolo nella quotidianità e senza fare alcun riferimento, perciò, al suo utilizzo nell'attuale contesto geopolitico.

Qui ci preme riflettere sulla connessione tra negoziare e comunicare e su quali siano, in linea generale, i presupposti di una negoziazione efficace ed efficiente qualsiasi sia il contesto in cui essa è richiesta.


"La negoziazione è un processo di interazione tra due o più parti in cui si cerca di stabilire cosa ognuna dovrebbe dare e ricevere in una transazione reciproca finalizzata al raggiungimento di un accordo mutuamente vantaggioso. La negoziazione è quindi una modalità per risolvere divergenze e interessi attuabile quando ciascuna delle parti possiede, ed è disposta a cedere, qualcosa di valore per l'altra". (Rino Rumiati, Davide Pietroni, La negoziazione, Raffaello Cortina Editore, 2001, p. 55)."


"Comunicare prevede che si mostri considerazione per il punto di vista dell'interlocutore anche se non lo si condivide (e non lo si condivide, altrimenti, molto probabilmente, la comunicazione non avrebbe inizio). Mostrare considerazione non significa né essere d'accordo né accondiscendere, ossia aderire passivamente all'altrui punto di vista o per paura o debolezza oppure disinteresse".


Quindi la negoziazione ha bisogno, quale ovvio strumento per realizzarsi, della comunicazione.

Vero è che comunicare è sempre negoziare. Si comunica, oltre che per condividere dati logico-razionali o emozioni oppure idee/convinzioni, anche per trovare un punto di incontro tra prospettive non allineate e ciò che si tratti del privato, del sociale, della dimensione professionale.

Comunicare implica, quale premessa, una distanza: l'obiettivo della comunicazione è ridurla il più possibile nella consapevolezza che un certo grado di disunione rimarrà. Per fortuna: l'azzeramento della diversità è asservimento, manipolazione (nella sua accezione più deleteria), violenza.

Comunicare prevede che si mostri considerazione per il punto di vista dell'interlocutore anche se non lo si condivide (e non lo si condivide, altrimenti, molto probabilmente, la comunicazione non avrebbe inizio). Mostrare considerazione non significa né essere d'accordo né accondiscendere, ossia aderire passivamente all'altrui punto di vista o per paura o debolezza oppure disinteresse.

Mostrare considerazione vuol dire trasmettere all'altro il messaggio "il tuo punto di vista ha valore per me anche se non lo condivido".

Ciò è ancor più vero e urgente quando la comunicazione è orientata, in modo specifico, alla negoziazione. 


Cosa ci dicono al riguardo i concetti di posizione esistenziale e di okness?

In Analisi Transazionale il concetto di posizione esistenziale esprime la propria prospettiva riguardo a se stessi, agli altri e alla relazione con essi: a come si ritiene che sia, questa relazione, e a come si vorrebbe che fosse.

La posizione esistenziale è esito della propria storia personale e del complesso di esperienze che la costituiscono, particolarmente quelle infantili. Non solo. La visione di sé e degli altri si costruisce e si potenzia, o si indebolisce, ogni giorno. Anche da adulti.

La posizione esistenziale indica, in sintesi, come si vede il mondo attraverso il filtro delle proprie convinzioni, idee ed emozioni e come, di conseguenza, ci si relaziona ad esso.

Tale prospettiva si traduce in quattro posizioni basiche:

Io sono OK- Tu non sei OK.

Io non sono OK - Tu sei OK.

Io non sono Ok - Tu non sei Ok.

Io sono OK - Tu sei Ok.



Nel primo caso, si tratta di una prospettiva aggressiva e svalutativa nei riguardi dei propri interlocutori oltre che, altra faccia della stessa medaglia, iper-valutazione di sé e del proprio punto di vista (in assoluto o "solo" rispetto a quello dell'interlocutore? In effetti, in linea generale, si ritiene la propria prospettiva superiore a quella altrui siccome la si considera superiore in assoluto).

Non necessariamente il comportamento che ne scaturisce si traduce in violenza (verbale). Potrebbe anche essere fatto di indifferenza e disinteresse.

In conclusione, ai fini della negoziazione, si tratta di una posizione in cui si considerano del tutto irrilevanti le ragioni dell'interlocutore e, pertanto, viene valutato già in partenza l'impossibilità di una negoziazione che sia effettivamente tale. Il solo accordo accettabile è la resa dell'interlocutore.

La seconda posizione esprime una condizione di accondiscendenza e di rinuncia aprioristica. Si ritiene che l'interlocutore sia in una condizione di superiorità tale da rendere impossibile qualsiasi concessione da parte sua. Né ci si ritiene in possesso di qualcosa che possa essere messo sul tavolo della trattativa. Insomma, si svaluta se stessi e si "ingigantisce" l'altro. E non è detto che tale svalutazione sia coerente con la realtà dei fatti e che non nasca, invece, da una scarsa considerazione delle risorse materiali e immateriali di cui si dispone.

La terza posizione è quella di chi, già prima ancora di provarci, considera impossibile qualsiasi incontro: non vale la pena nemmeno provarci. Il negoziato si esaurisce in una dichiarazione di impossibilità di qualsiasi accordo prima ancora di iniziare. Nessuno dei due ha da offrire qualcosa all'altro.

In ognuna di queste posizioni il giudizio/pre-giudizio su se stessi e l'interlocutore la fa da padrone.


"Questa sospensione del giudizio può essere anche appresa: può coincidere con una strategia comportamentale adottata specificamente ai fini della negoziazione. Ovvero, ci si impegnerà a sospendere il giudizio anche quando si ha una pessima impressione dell'altro"

Soltanto l'ultima posizione ha valore ai fini della negoziazione: ne costituisce sia il punto di partenza che il suo punto di arrivo. La posizione Io sono OK - Tu sei OK, infatti, esprime il messaggio sintetizzato poc'anzi: tu vali a prescindere da me (da quel che penso su di te) e io ho valore a prescindere da te (da quel che pensi nei miei riguardi).

Sentirsi OK e considerare l'altro OK esprime una particolare condizione emotiva e cognitiva, fortemente intrisa di elementi etici. È esito di una sospensione del giudizio che implica una riconsiderazione delle proprie e altrui capacità, risorse, obiettivi.

Questa sospensione del giudizio può essere anche appresa: può coincidere con una strategia comportamentale adottata specificamente ai fini della negoziazione. Ovvero, ci si impegnerà a sospendere il giudizio anche quando si ha una pessima impressione dell'altro. Sospendere il giudizio non significa non averlo. Non pensare qualcosa - anche qualcosa di negativo- dell'altro. Significa non farsi guidare dall'emozioni che ne derivano. È una questione di padronanza delle principali regole della comunicazione e consapevolezza dei meccanismi psicologici che la orientano. Non solo. È esito anche di una piena consapevolezza dei ruoli e degli obiettivi oltre che del riconoscere le proprie emozioni e i propri pre-giudizi.

L'IO sono OK - TU sei OK, dunque, non è solo una faccenda emotiva/cognitiva.

È anche metodo, strategia, tattica. Insomma, si può apprendere.


Non sempre la negoziazione può attendere una riformulazione delle proprie convinzioni sull'altro e delle emozioni che ne scaturiscono. O aspettare che l'altro cambi e si allinei con le proprie aspettative e i propri valori. Quasi mai la negoziazione può attendere.

Spesso negoziare è urgente. C'è un motivo impellente, se si decide di negoziare. La stessa decisione di intraprendere una trattativa è già una fase della negoziazione.

Per queste ragioni bisogna addestrarsi ad assumere posizioni paritarie anche se e quando si detesta l'interlocutore.

Io sono OK - Tu sei OK a volte è una questione di ruolo più che di riformulazione emotiva.

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