Qui trovi i link per brevi racconti, riferiti a frammenti di quotidianità aziendale, in cui sono messi a confronto gli aspetti teorici di alcune dinamiche relazionali e le loro manifestazioni comportamentali.

L'intento è sottolineare, con un po' di leggerezza, quanto la realtà di tutti i giorni sia intrisa di quei concetti che, a volte e ad alcuni, paiono del tutto avulsi dalla vita "normale" e che, per questo, sono considerati un in più (dunque un pesorispetto a quanto sia necessario sapere per spiegarsi gli eventi in cui si è coinvolti.

Invece proprio quei costrutti teorici, spesso, pur non costituendo una soluzione ai problemi,  permettono almeno una più chiara visione della realtà. Il che costituisce almeno un buon inizio, per poi giungere alla soluzione desiderata.


Prima di accedere ai racconti "Di chi è la colpa?" e "Il selezionatore", ecco una breve descrizione del concetto che ne è all'origine e di cui i racconti stessi vogliono risaltarne le aderenze alla vita reale, in tal caso alla vita in azienda.


Ruoli sociali e ruoli percepiti: Vittima, Salvatore, Persecutore.

Le relazioni nascono dal bisogno di realizzare obiettivi che, da soli, sarebbero irraggiungibili. A tale scopo mettiamo in comune le risorse materiali e immateriali di cui disponiamo, tra cui la nostra percezione dell'altro nonché di noi stessi. A partire da questa idea, accompagnata da emozioni e sentimenti, assumiamo un ruolo - non dichiarato - che poggia su quel che ci aspettiamo dagli altri e da quel che riteniamo che gli altri si aspettino da noi.

Si tratta di ruoli ad alto contenuto simbolico, che non hanno rimandi concreti alla realtà dei fatti eppure sono così consistenti da orientare - in modo funzionale o disfunzionale - l'operatività dei ruoli sociale. Questo condizionamento si declina nella spinta a giudicare o a correre in aiuto (non richiesto) oppure a farsi, senza alcun motivo, ricettacolo di giudizi.

Questi ruoli sono definiti: Persecutore, Salvatore, Vittima. Assumerli e tradurli in comportamenti diventa, a volte, l'obiettivo primario della relazione e ciò al di là delle conseguenze che un simile orientamento possa avere sulla concretizzazione della meta effettiva.

Essere Persecutore non ha nulla a che fare con la congrua valutazione dell'azione altrui, con la critica, con l'attribuzione di responsabilità di fronte a concrete negligenze.

Così come Vittima non è chi chiede, consapevolmente e coerentemente rispetto alla circostanza, un sostegno.


Allo stesso modo, il Salvatore non è chi rende disponibili, quando servono e a chi servono effettivamente, le sue risorse materiali e immateriali.

Il Persecutore persegue in quanto ritiene gli altri colpevoli in toto.

La Vittima si valuta inadeguata e ciò ancora prima di avere verificato le proprie capacità di agire in autonomia e con efficacia. Si ritiene incapace, inoltre, nella sua globalità di persona e non rispetto ad un singolo comportamento.

Il Salvatore soccorre sulla base di una percezione degli altri come inabili a prescindere. Oltre a sentirsi come destinato a questo ruolo, se vuole attenzione su di sé.

Alcuni assumono queste posizioni in via definitiva e in ogni relazione e con chiunque, seguendo così un canovaccio sempre uguale pur nelle sue diverse espressioni.

A volte la relazione Vittima-Persecutore-Salvatore si caratterizza per un ribaltamento di ruoli: chi all'inizio è Persecutore, ad esempio, può trovarsi a sperimentare il ruolo di Vittima. O viceversa. Così è per il Salvatore, che spesso diventa Vittima dell'ingratitudine altrui o Persecutore, quando il suo aiuto eccede.


Sia chiaro che ci stiamo riferendo a ruoli non sociali e dichiarati, bensì percepiti. Ruoli psicologici, dunque, impostati su meccanismi in buona misura fuori dalla coscienza vigile e dalla volontà. Ecco il perché dell'iniziale maiuscola: un espediente per distinguerli dai ruoli dichiarati, sociali, in buona misura coerenti con i fatti.

Nel caso di Persecutore, Salvatore, Vittima si tratta di automatismi a causa dei quali ci si ascolta poco e si ascolta l'altro ancor meno: la realtà viene filtrata attraverso i propri vissuti al punto che l'esterno si confonde con l'interno. Sono i momenti in cui prevale la voglia (il bisogno) di trovare conferma a ciò che si ritiene essere e a ciò che si ritiene che siano gli altri. Un trofeo effimero, pagato con malesseri e demotivazioni.


Di chi è la colpa?                                                                 Il selezionatore

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