La trappola del ritenersi unici

Alfonso Falanga, 9 maggio 2021.



"Nell'ottica dell'Analisi Transazionale, ad esempio, potremmo dire che quel senso di esclusività costituisce il tornaconto di un gioco psicologico intrapreso per non confrontarci con l'asprezza della delusione, con i sentimenti negativi e i pensieri svalutativi su noi stessi e sugli altri. Ci preserva dal fare i conti, insomma, con vissuti che riteniamo di non essere in grado di sostenere". 


Spesso sopravvalutiamo le nostre esperienze. Accade nel privato, nel sociale, nel lavoro. Non è una questione di megalomania: si tratta, più che altro, di quei meccanismi mentali che ci permettono di semplificare la complessità del mondo e di percepirlo e viverlo senza traumi, almeno in apparenza. Sono i casi in cui interpretiamo la realtà mediante bias ed euristiche. 1)

I bias sono errori di valutazione derivanti da pregiudizi che non trovano riscontro nella realtà. 2)

Le euristiche consistono in interpretazioni degli eventi che ne riducono la complessità: sono una specie di escamotage intellettivo adottato per prendere decisioni in breve tempo e senza impegnare particolari energie mentali. 3)

È in quest'ottica che va inteso quel senso di esclusività che, a volte, sentiamo in occasione di esperienze deludenti e frustranti. Quando, cioè, ci diciamo "Queste cose accadono solo a me".

Si tratta di una spiegazione che certo non risolve, anzi, eppure la privilegiamo perché semplifica il tutto e ci preserva dal doverci confrontare con la effettiva criticità: ci conforta pur lasciandoci lì dov'eravamo, forse anche più indietro.

Nell'ottica dell'Analisi Transazionale, ad esempio, quel senso di esclusività costituisce il tornaconto di un gioco psicologico intrapreso per non confrontarci con l'asprezza della delusione, con i sentimenti negativi e i pensieri svalutativi su noi stessi e sugli altri. Ci preserva dal fare i conti, insomma, con vissuti che riteniamo di non essere in grado di sostenere.


È proprio questa la condizione di fronte alla quale, in azienda, a volte impatta il leader o il formatore ovvero chi è deputato a individuare nodi e a proporre modalità e strategie utili ad uscirne a chi in questi nodi è imbrigliato.

"Quando chiami un cliente per avere conferma dell'appuntamento non ti risponde mai", afferma ad esempio il venditore, frustrato.

"Ti sei chiesto in che modo fissi l'appuntamento? Dai indicazioni precise riguardo giorno ed ora del richiamo?", suggerisce il team leader.

"Posso essere professionale quanto voglio, ma i miei clienti comunque non rispondono", ribatte il venditore, con maggiore frustrazione siccome si sente anche non capito.

Il senso di esclusività, esemplificato in questo frammento di dialogo immaginario, porta l'interessato a svalutare ogni soluzione che gli venga fornita sotto forma d indicazione, regola, suggerimento, spiegazione. È come se affermasse, a volte lo dichiara esplicitamente, "Quanto dici vale per gli altri ma non vale per me. Nel mio caso il tuo suggerimento non funziona".

È tipico di chi vive queste esperienze, poi, la tendenza a trovare punti di contatto con esperienze simili. Agisce, cioè, sulla base di un bias di conferma: tutta la sua attenzione è rivolta verso qualcuno che vive condizioni simili e, in questo, svaluta tutte le informazioni che dovrebbero far pensare il contrario.


Il venditore di poc'anzi, ad esempio, non considera le esperienze di colleghi a cui è accaduto qualcosa di diverso, tipo che i clienti abbiano risposto alla telefonata e pure confermato l'appuntamento. Egli giustifica questa diversità semmai sostenendo che è questione di fortuna o di particolari attitudini personali: si tratta insomma di casi particolari. Per il resto "quel che accade a me è quel che accade sempre". La mia esperienza è tutte le esperienze.

L'altra faccia del senso di esclusività, infatti, è la generalizzazione 4), che in tal caso così può essere sintetizzata:

"I miei clienti non rispondono alle telefonate di conferma, dunque tutti i clienti non rispondono".

In tal modo viene eretta una vera e propria barriera cognitiva e comportamentale verso ogni invito al cambiamento.

In questi circostanze è controproducente che il formatore o il team leader insistano nel confutare il pregiudizio evidenziando, semmai, esperienze in cui quel pregiudizio non ha avuto conferma o facendone un discorso di statistiche: "È come dici tu solo nel 20% dei casi".

La sola strada percorribile è portare l'attenzione dell'interessato su possibili strategie alternative proprio a partire dalla conferma del pregiudizio stesso. Il messaggio diretto o indiretto da indirizzargli è: Stando così le cose, come possiamo comunque svolgere il nostro lavoro? Che possiamo e dobbiamo fare, a partire dal fatto che i clienti non rispondono ai richiami, per realizzare l'obiettivo aziendale?


Più che discutere, dunque, è opportuno assegnare nuovi compiti e nuove priorità.

Nel caso del venditore di poc'anzi il team leader ha modo di mettere in campo alcune strategie e comunicarle all'interessato sotto forma di regole a cui attenersi.

Tra queste, ad esempio, fissare appuntamenti a breve termine, al massimo entro le successive 24 ore, in modo che non sia più necessaria la telefonata di conferma.

Si tratta, in effetti, di escamotage più che di vere e proprie modalità da adottare effettivamente. Lo scopo, infatti, è distrarre l'interessato da uno scenario che è ormai consolidato nel suo immaginario e che, in base alla regola della profezia che si auto adempie, rischia di produrre comportamenti che, alla fine, confermano la convinzione iniziale.

Si tratta, insomma, di aprire nuove prospettive che, progressivamente, indeboliscano non il pregiudizio bensì la forza del comportamento boicottante che ne deriva. Probabilmente quel venditore non farà mai appuntamenti a breve termine (sa che sono difficili da realizzare, il cliente non ha mai tempo) e, prima o poi, darà maggiore spessore professionale alla presa appuntamento, favorendo così che il cliente risponda.

In sostanza si indebolisce un pregiudizio (i clienti non rispondono mai) con un altro pregiudizio (il cliente non ha mai tempo). Il primo, disfunzionale. Il secondo, invece, funzionale.

Volendo incorniciare il tutto nell'ottica analitico transazionale, così facendo non si zittisce il Genitore critico del venditore: si fa in modo, però, che le sue "sentenze" siano utili, invece che bloccanti.


  • 1. Cfr. Daniel Kahneman, Pensieri lenti e veloci, Oscar Mondadori, Milano, 2011.. 
  • 2. Ivi, " Gli errori sistematici sono definiti bias, preconcetti che ricorrono in maniera prevedibile in particolari circostanze", p.4.
  • 3. Ivi, "Euristica è una definizione tecnica, e sta a indicare una semplice procedura che aiuta a trovare risposte adeguate, anche se spesso imperfette, a quesiti difficili", p.109.
  • 4. Cfr. Richard Bandler, John Grinder, La struttura della magia, Astrolabio,1981, p. 97.
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