La forza del gerundio nel linguaggio della vendita

Alfonso Falanga, 30.04.2022


Questa scheda, la prima di una serie sul linguaggio della vendita, è dedicata ai Team Leader e alle Operatrici ed Operatori Call Center, settore Teleselling.


A chi non è mai accaduto di accorgersi di avere dei muscoli solo quando, per qualche movimento involontario oppure perché consapevolmente sollecitati (ad esempio nei primi giorni di palestra), diventano doloranti? Quei muscoletti che ci ricordano la loro esistenza (pare che la reclamino) attraverso l'indolenzimento? Muscoli, dunque, di cui siamo dotati ma che, normalmente, non usiamo per abitudine, perché assumiamo cattive posture o per una gestualità poco attenta. Eppure, esistono. Sono risorse dimenticate. Male o mai utilizzate.


Lo stesso può dirsi riguardo ad alcune componenti del nostro linguaggio: si tratta di parole, di modi di dire, di tempi verbali che ci appartengono in quanto parti integranti della nostra cultura linguistica - ce li hanno insegnati a scuola- e di notevole efficacia pragmatica ma che restano "in panchina" perché, nel quotidiano, non sono necessari, sono facilmente sostituibili con modalità più comode semplicemente perché più ricorrenti nel parlato e nello scritto: tanto, come ci ricorda il luogo comune, "basta poco a capirci" (non ci sono prove di questa convinzione, nel quotidiano, eppure ci ostiniamo a credervi). Questa sorta di atrofizzazione linguistica riguarda, ad esempio, il gerundio.


Perché, qui, ce ne occupiamo? Che rapporto c'è tra gerundio e la comunicazione finalizzata alla vendita?
Partiamo dal fatto che è frequente l'uso, da parte degli Operatori outbound e particolarmente in occasione di richieste al cliente (per fissare un appuntamento telefonico, ad esempio, o in caso di upgrade), l'uso (e l'abuso) della congiunzione subordinata "se" e del condizionale.
In sala, infatti, fioccano spesso espressioni del tipo:
"Se prende l'ultima fattura possiamo fare un confronto".
"Potrebbe dirmi quanto spende con il suo gestore?".
"Potrebbe dirmi quando la trovo in ufficio?".
"Se la chiamo domani in mattinata, la trovo in
ufficio?".
E via di questo passo (tralasciamo, adesso, le disfunzionalità relative all'uso del termine "confronto" e alla genericità della presa appuntamento).



In virtù dell'esigenza di mantenere costante l'attenzione del cliente sull'attualità, ossia sulla trattativa commerciale in corso, è opportuno utilizzare strategie comunicative adeguate allo scopo. E la congiunzione subordinata e il condizionale, invece, aprono a scenari opposti.
Proprio in queste circostanze vale la pena utilizzare il gerundio: forma verbale propositiva, proattiva, che orienta l'attenzione dei parlanti sull'azione più che sui concetti, che attesta che qualcosa accadrà perché è normale e naturale che accada.
Il messaggio veicolato attraverso questa potente coniugazione viene reso ancora più efficace quando è accompagnato da rinforzi, ossia da una affermazione che ne illustra il senso.
In quest'ottica, le espressioni precedenti si traducono in:
"Prendendo l'ultima fattura abbiamo modo di confrontare insieme le sue attuali tariffe con le nostre";
"Dicendomi quanto spende con il suo gestore abbiamo modo di valutare la scelta più interessante per lei";
"Aggiornandoci domattina, ci assicuriamo che questa offerta sia ancora attiva".
Certo, così facendo non si garantisce che la vendita vada necessariamente a buon fine. Tuttavia, attraverso questa modalità, si favorisce l' ampliamento del proprio raggio di azione. Ovvero, aumentano le opportunità di instaurare proficue trattative. Dunque, aumentano le opportunità di vendita. 

In conclusione, il nostro linguaggio conterrà pure delle ambiguità, delle modalità intrinsecamente contraddittorie: allo stesso tempo, lo stesso linguaggio ci mette a disposizione una serie di strumenti che riducono sensibilmente la distanza - inevitabile - tra le nostre intenzioni e il messaggio attraverso cui intendiamo manifestarle. Basta utilizzarli, questi strumenti. Sono lì, ci aspettano. 

Come diceva il grande Eduardo De Filippo: "C'è la parola adatta, perché non la dobbiamo usare?" (E. De Filippo, Ditegli sempre di si, in Cantata dei giorni pari, Einaudi, Torino, p. 155).

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