Dalla colpevolizzazione alla responsabilizzazione: quando la vita dell'Organizzazione è regolata dall'inautenticità.
Alfonso Falanga
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Un' Organizzazione è fatta di persone, dunque di relazioni. In esse individui tra loro estranei mettono in comune le risorse materiali e immateriali di cui dispongono allo scopo di realizzare determinati obiettivi. Tra queste risorse sono incluse le percezioni su se stessi e sugli altri. A partire da queste le stesse persone assumono un ruolo, ossia una specifica modalità comportamentale fatta di aspettative, emozioni, convinzioni.
Tipi specifici di ruolo sono assunti da chi, in particolari circostanze oppure sempre, avverte la spinta a:
-giudicare: in tal caso si comporta da Persecutore;
-intervenire a sostegno degli altri, senza che ciò sia né richiesto né indispensabile: è il comportamento del Salvatore;
-chiedere, indirettamente, aiuto e ciò anche quando non è necessario. È il comportamento della Vittima.
Comportarsi da Persecutore, Salvatore o Vittima diventa spesso l'obiettivo primario, seppure inconsapevole, della relazione: è la meta che limita il raggiungimento dell'obiettivo effettivo del comunicare.
Essere Persecutori non ha nulla a che fare con la valutazione, la critica, l'attribuzione di responsabilità concrete. La Vittima non è chi chiede sostegno perché effettivamente bisognoso. Il Salvatore non è chi mette a disposizione degli altri le proprie risorse materiali ed umane.
Il Persecutore "punisce" in quanto percepisce gli altri incapaci, o come minazzia, a prescindere, la Vittima si incapacita perché si ritiene inadeguata ancor prima di verificare le proprie possibilità di agire autonomo. Il Salvatore soccorre mosso dalla percezione che ha degli altri come inabili oltre a percepirsi destinato a tale ruolo.
Alcuni assumono queste posizioni in via definitiva, in ogni rapporto e con chiunque, spinti da una tendenza a seguire uno scenario sempre uguale pur nelle sue diverse espressioni. Altre volte la relazione Persecutore - Vittima - Salvatore è caratterizzata da un ribaltamento dei ruoli. Chi all'inizio è Carnefice può ritrovarsi a sperimentare il ruolo di Vittima e viceversa.
E' il caso in cui colui a cui si chiede sostegno diventa, parola dopo parola, il nuovo Persecutore senza che nessuno dei due l'abbia voluto. Non c'è bisogno, infatti, della volontà di essere nell'una o nell'altra posizione.
Sia chiaro ci stiamo riferendo a meccanismi al di fuori della coscienza vigile, della volontà. Sono automatismi in cui ci si ascolta poco e si filtra attraverso i propri vissuti la realtà che a quel punto è essa stessa l'esterno e l'interno. In questi momenti la confusione interiore diventa lo schermo che trattiene solo l'immediatezza delle parole e dei gesti lasciandone correre, dunque perdendolo, il senso effettivo. Accade che ognuno sperimenti il gusto della conferma di ciò che crede d' essere e di ciò che crede che siano gli altri. Amaro trofeo, certo, ottenuto al costo di malesseri e demotivazioni.
Uscire da questo gioco, sottile ma intenso nelle sue conseguenze, è possibile se ci si dispone a compiere un cammino a ritroso che conduca dall'esterno verso l'interno fino a toccare le corde profonde dei propri sentimenti e delle proprie convinzioni.
Anche l'Organizzazione moderna, vincolata com'è ai ritmi frenetici dell'attualità e alla complessità dell'ambiente in cui agisce, ha sempre più bisogno di creare spazi ed occasioni per consentire a chi vi opera di liberarsi da ruoli che nascono esclusivamente dalla paura di minacce spesso solo immaginate.
Anche l'Organizzazione ha bisogno, dunque, di dotare i suoi membri di adeguati strumenti emotivi, cognitivi e comportamentali necessari a giungere ad un grado sufficiente di autenticità e benessere.