IL MITO DELLA CRESCITA PERSONALE IN AZIENDA ... E NON SOLO. 

Alfonso Falanga     16/01/2021

<<"Volere è potere" ha già fatto parecchi danni in azienda, lì dove ha orientato l'attenzione del management quasi esclusivamente verso la dimensione personale e in special modo in direzione della volontà, spesso confusa con la motivazione (la famigerata motivazione), e tutto questo a svantaggio di altri requisiti, questi sì essenziali, quali competenze, conoscenze, addestramento, studio, applicazione. Rinforzando così, direttamente o indirettamente, l'altro mito ad esso affine e cioè che "un grammo di pratica vale più di un quintale di teoria">>. 

Oggi, dati i tempi difficili che stiamo attraversando a causa dell'emergenza sanitaria e delle difficoltà occupazionali ed economiche che ne conseguono, alcuni miti, in azienda e non solo, cominciano ad indebolirsi.

Mi riferisco, nello specifico, alla annosa questione del "volere e potere" e a quella della "crescita personale". È anche vero che, di tanto in tanto, nell'ambito della formazione aziendale o pseudo-tale, fanno la loro apparizione i soliti slogan che si rifanno a tali chimere.


"Volere è potere" ha già fatto parecchi danni in azienda, lì dove ha orientato l'attenzione del management quasi esclusivamente verso la dimensione personale e in special modo in direzione della volontà, spesso confusa con la motivazione (la famigerata motivazione), e tutto questo a svantaggio di altri requisiti, questi sì essenziali, quali competenze, conoscenze, addestramento, studio, applicazione. Rinforzando così, direttamente o indirettamente, l'altro mito ad esso affine e cioè che "un grammo di pratica vale più di un quintale di teoria".

Poi c'è la favola della crescita personale, altra combinazione di parole buona per tutti gli usi e non innocua, anch'essa generatrice di pericolose confusioni nella gestione delle risorse umane. Il limite di questa prospettiva, così come del volere è potere, è anteporre l'uscita dalle proprie zone di comfort (intesa come segnale della crescita personale) ai risultati e, dunque, al metodo di lavoro necessario per realizzarli. Così come il limite del volere è potere consiste nel far precedere i risultati dalla motivazione: prima vuoi e in seguito puoi.


Per cui, in tale ottica, la spinta all'innovazione (fare cose nuove) e al cambiamento (fare le stesse cose in maniera diversa) presuppone il superamento delle proprie abitudini mentali e comportamentali: prima la crescita e la volontà, poi il risultato.

Evitando pure di chiedersi se le cose siano state sempre così, oggi il cambiamento e l'innovazione traggono origine dalla consapevolezza dell'inevitabilità del dover fare cose nuove o, almeno, fare le stesse cose in maniera diversa. .

Oggi il mutamento del contesto economico-sociale obbliga manager e professionisti a rivedere gli schemi di azione passati: oggi la priorità è la ricerca di nuove strategie di lavoro e di gestione delle risorse umane. Dai nuovi comportamenti si otterranno, poi, i risultati che condurranno all'uscita dalla zona di comfort e la rinforzeranno. 

L'azienda è un luogo dove si producono fatti. Così è sempre stato. Oggi lo è più che mai. Dunque in essa prevalgono metodi, strategie, competenze, organizzazione del lavoro. Prevalgono gli strumenti attraverso cui si ottengono quei fatti. Dagli esiti del lavoro derivano la motivazione, ovvero attrazione per quello che si fa, e il superamento dei propri limiti mentali e comportamentali. Queste due variabili, insieme, orientano poi la persona verso la passione (mi piace quello che faccio) e l'ambizione (voglio più risultati e più di qualità). Da tali spinte trae origine, successivamente, una maggiore cura nella definizione del metodo di lavoro e della sua applicazione. Si genera, insomma, un circuito virtuoso.

Pensare all'incontrario è pericolosamente fuorviante e può dare origini a rischiosi ritardi che, forse, in epoca pre-pandemica erano pure possibili: adesso non lo sono più.

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