"Di chi è la colpa?"

Alfonso Falanga, 14.01.2022



"Sorpresa!".

È l'esclamazione che stamattina più si sente, qui in ufficio. Ironica o triste.

In ogni caso, resta un'espressione inappropriata, per me: dove sia la sorpresa, infatti, io non lo so. Cosa ci sia di inaspettato in quel che è accaduto è incomprensibile. Trovo che sia un modo stupido e rischioso di riprodurre le circostanze che giorno per giorno ci hanno condotto fin dove ci troviamo adesso.

La situazione è questa: abbiamo appena avuto conferma da un nostro responsabile di quanto già si sapeva da tempo: ci sarà una drastica riduzione del personale. In sostanza, la gran parte di noi sarà licenziata.

Al momento ci hanno comunicato solo che l'azienda è stata venduta a degli investitori stranieri e che nulla cambierà rispetto agli attuali standard aziendali. Chiacchiere. Sappiamo bene che questi passaggi di proprietà sono accompagnati da una ristrutturazione degli organigrammi: che si traduce in riduzione del personale, licenziamenti, nella migliore delle ipotesi un cambio di mansioni con consistente contrazione dello stipendio.

Già c'è chi annuncia proteste e vertenze sindacali. A me viene da ridere: da noi non c'è sindacato.


Ricevuto il colpo, fatti i primi commenti, la maggior parte di noi è rimasta in silenzio. Un silenzio spezzato di tanto in tanto da quella esclamazione, "Sorpresa", che procede a balzi da una scrivania all'altra, a volte accompagnata o accolta da un "Lo dicevo, io!": una seconda affermazione che va a contraddire la prima.

Proseguiamo a fare quello che facciamo ogni giorno, ma adesso i nostri movimenti sono più lenti del solito, come se fossimo tutti sovrappeso e facessimo fatica a camminare, a alzarci dalla sedia per arrivare alla fotocopiatrice, a ritornare alla scrivania e risederci, a muovere le dita sulla tastiera del pc. Ogni gesto è centellinato: si fa l'essenziale.

Non ci parliamo e ci osserviamo tutti con sospetto: ognuno si sta chiedendo chi è, tra tutti, il colpevole. A chi, insomma, è lecito attribuire la colpa per averci ridotto a pura merce di scambio. Una merce a basso costo, tra l'altro.

È tarda mattinata, ormai, siamo vicini alla pausa pranzo. "Sorpresa" è sostituito da "Di chi è la colpa?".

In ognuno la rabbia aumenta di minuto in minuto. Rabbia verso chi, non si capisce. Con chi prendersela? Con gli investitori stranieri? Con il nostro amministratore delegato? Con il collega seduto di fronte? Domande che restano inespresse, ingabbiate nella loro inutilità.


Abbiamo mangiato ognuno per i fatti  propri. Chi è andato in mensa, chi ha consumato pasti freddi portati da casa direttamente alla scrivania. Mai l'ora di spacco è stata così silenziosa. Quasi lugubre. Mangiando, o in ufficio o a mensa, nessuno ha smesso di guardarsi intorno alla ricerca del colpevole. Quali i segnali da cogliere, che avrebbero indicato il malfattore? O la malfattrice? Nulla di preciso, Forse un mezzo sorriso di soddisfazione. O sarebbe bastato anche un lampo di serenità negli occhi ormai arrossati dalla stanchezza e dalla luce sbiadita dei neon.


Nel pomeriggio, la paura progressivamente si sostituisce  alla rabbia. Un'emozione senza sbocchi: manca il colpevole su cui riversarla. Ma non per questo "Di chi è la colpa?" ha smesso di farsi sentire, anzi è ripetuta con maggiore frequenza rispetto al mattino. E ha acquistato un maggior vigore: nelle voci, la rabbia ha del tutto spodestato l'ironia.

Il gioco non ci è nuovo, in verità. Qui da noi la principale occupazione, in passato, è sempre stata la ricerca del colpevole: un'attività in cui eravamo tutti impegnati con sapienza e maestria. Il tempo passava in lunghi processi tesi a individuare il colpevole di un lavoro mal svolto, delle pratiche arretrate che si accumulavano sulle scrivanie di tutti, del guasto alla macchinetta del caffè, dell'aria condizionata troppo fredda o del riscaldamento troppo alto, del cattivo umore dei capi, del ... del ... del ...


Forse proprio questo nostro comunicare da vittime e da persecutori è il motivo per cui, oggi, siamo in vendita.


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