E' un romanzo scritto quarant'anni fa, tenuto nel cassetto, mai pubblicato e che oggi - in tempo di pandemia e di guerra - trova, purtroppo, il suo senso. Si tratta del resoconto delle giornate di un combattente, e poi reduce, alle prese, da un lato, con il vuoto emotivo a cui l'esperienza bellica lo ha destinato e, dall'altro, con il vuoto etico e normativo - altrettanto devastante - che lo attende. Quel vuoto che, lui sa, darà origine alla successiva, di guerra..


È la storia di Carlo, già protagonista di "Oltre la guerra", durante il suo primo giorno da reduce. È il racconto degli eventi in cui egli si trova catapultato e che non sono certo eventi di pace. Carlo, suo malgrado, imparerà che una guerra, quando ha inizio, non finisce. Mai. Si trasforma, forse, ma prosegue, diventando un nuovo tassello di quell'unica GUERRA che segna da decenni, generazione dopo generazione, la nostra storia. 


L'ultimo inizio è la conclusione di una storia che si sviluppa attraverso tre opere. Le prime due: "Oltre la guerra" e "Nessuno è lì dove l'abbiamo lasciato". Il palcoscenico su cui si muovono i protagonisti è la guerra. Una guerra iniziata tre anni prima e che, come ogni guerra, non ha mai fine. Ci si può solo illudere che abbia termine: quando una guerra comincia nessuno resta lì dov'era all'inizio ma si ricomincia, sempre, partendo dal fondo melmoso del barile. La guerra, ogni guerra, genera un inizio che è per sempre. 


Un'unica storia che ne include altre, di storie. Storie di coerenza, coraggio e, a volte, di rinuncia. Tutte legate ad un filo conduttore: il cambiamento. Quello a cui, piaccia o no, costringe la vita. Quello che è esso stesso vita. 


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