Elogio della curiosità
Alfonso Falanga, 1 dicembre 2024

"La perpetua giovinezza del mondo mi tiene su. Alcune cose che mi piacevano sono scomparse. Ma se ne dànno delle altre…",
Simone de Beauvoir, Una donna spezzata (La femme rompue, 1967), tr. Bruno Fonzi, Einaudi, 2014, p.148.
"Siate affamati, siate folli", diceva Steve
Jobs.
Eppure sarebbe sufficiente essere curiosi. Sentirsi, cioè, costantemente
inappagati.
È pur vero che, in questi tempi segnati dal raggrupparsi all'ombra del pensiero
unico, la curiosità è una forma di follia.
Per curiosità intendiamo spingersi, sotto l'impulso di un bisogno urgente ed
irrefrenabile e non per sterile spirito trasgressivo, al di là del già noto, già detto, già sentito, già fatto.
Ciò non perché si sia alla ricerca della verità ma, più semplicemente, per
esplorare…per verificare cosa c'è, se c'è, oltre.
La curiosità garantisce, perciò, null'altro che se stessa. Non conduce
necessariamente alla realtà vera, non è automaticamente sinonimo
di intelligenza, non si è migliori se si è curiosi. Né, tantomeno, grazie ad
essa si conquista l'eterna giovinezza.
La curiosità, più che altro, fa da argine all'ignoranza, quella tipica di chi è
convinto di sapere già tutto. Fa da antidoto all'inerzia. Al
lento procedere all'indietro credendo, invece, di fare passi avanti. E non è
poco.
La curiosità, certo, è fatica. Curiosare è un impegno in termini
di tempo e di energia fisica e mentale. In un'epoca in cui la rapidità e il
fare più cose contemporaneamente, a prescindere dal come si
fanno, risultano valori in sé e per sé…beh, essere curiosi non è contemplato. È
fuori luogo. È un impiccio.
La curiosità, in quest'ottica, è, perciò, rivoluzionaria.
Tra l'altro, essa implica l'essere dotati di una solida prospettiva del futuro.
Richiede, cioè, che si sia convinti che il futuro esista e che esista né come
speranza né come minaccia. Che ci sia, punto. Che sia previsto. Che il presente
non esaurisca le dimensioni dell'esistenza. E anche questo, in tempi di
appiattimento sul presente, di persistente accelerazione nella fallace
convinzione che, correndo, si preceda il tempo e che, così facendo, si possano
fare più cose e facendo più cose-automaticamente- si viva meglio, si sia meglio,
più bravi, più moderni. Più adeguati. Più normali. Più calati nel presente,
appunto.
E poi la curiosità necessita, quale ingrediente prioritario, il dubbio. Altro elemento rivoluzionario, oggi. Oggi, che esiste una sola ed unica verità: quella dei social 1). Quella che, pur frantumandosi in una miriade di messaggi riconducibili ad una miriade di emittenti/scriventi/parlanti si riduce ad una sola verità, quella consacrata dal pensiero unico (o dai pensieri unici, uno per ogni argomento: che sia argomento serio o semiserio oppure banale al punto da risultare insignificante).
Dimensione del futuro e dubbio, e conseguentemente la curiosità,
sono indispensabili a quella che dovrebbe essere la principale attività
dell'essere pensante: programmare. Cioè progettare. Cioè immaginare.
Immaginare, progettare, programmare: dunque, evolversi.
1) "Ho la netta impressione che la battaglia in favore della realtà – una sola, e uguale per tutti – sia perduta. Quanto meno: sia perduta nella sola vera comunicazione mainstream, che è quella dei social. La percezione dei fatti, e tanto più la complicata interrelazione tra i fatti, richiedono una pazienza, oserei dire un'umiltà, non compatibile con le modalità prevalenti nella formicolante circolazione di parole e idee in forma sminuzzata che ha invaso la Terra. L'egemonia culturale non è della destra e nemmeno della sinistra, è della fretta, dell'emotività, della superficialità, dell'esigenza di rifugiarsi con la minore fatica possibile dentro l'opinione più semplice possibile. È, lo ripeto, dei social...".Michele Serra, "Ok Boomer!-Per un buon uso della pigrizia", ilpost.it, 25-11-2024